Bancarotta fraudolenta documentale: prova dell’elemento soggettivo alla luce della Cass. pen. Sez. V., sent. n. 2483/2021.

In tema di bancarotta fraudolenta documentale, l’occultamento delle scritture contabili, per la cui sussistenza è necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, consistendo nella fisica sottrazione delle stesse alla disponibilità degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta, costituisce una fattispecie autonoma ed alternativa rispetto alla fraudolenta tenuta di tali scritture, in quanto quest’ultima integra un’ipotesi di reato a dolo generico, e presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi. Con questo principio la Cass. pen. Sez. V., con la sentenza n. 2483/2021 ha accolto un ricorso con il quale era stata impugnata la sentenza resa dalla Corte d’Appello di Ancona la quale confermava la condanna di un soggetto per il reato di bancarotta fraudolenta documentale. Ma, prima di entrare in medias res, è opportuno effettuare brevi cenni sul reato di bancarotta.

In linea molto generale, il reato di bancarotta si configura qualora un imprenditore o una società dichiarati falliti con sentenza, pongono in essere atti al fine di privare i creditori della possibilità di rifarsi sul patrimonio personale o sociale. Tale delitto è disciplinato dagli artt. 216 e 217 della legge fallimentare ed è difficile darne una definizione univoca in quanto vi sono varie tipologie di bancarotta.

Ed infatti, ai sensi dell’art. 216 della legge fallimentare: “È punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore, che: 1) ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti; 2) ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari. La stessa pena si applica all’imprenditore, dichiarato fallito, che, durante la procedura fallimentare, commette alcuno dei fatti preveduti dal n. 1 del comma precedente ovvero sottrae, distrugge o falsifica i libri o le altre scritture contabili. È punito con la reclusione da uno a cinque anni il fallito, che, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione“.

Dall’analisi di tale disposizione normativa è possibile definire tre diverse ipotesi di bancarotta, nella specie fraudolenta:

  • Bancarotta fraudolenta patrimoniale (art. 216 co. 1 n. 1);
  • Bancarotta fraudolenta documentale (art. 216 co. 1 n. 2);
  • Bancarotta fraudolenta preferenziale (art. 216 co. 3).

Mentre, l’art. 217 della legge fallimentare dispone che: “È punito con la reclusione da sei mesi a due anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore, che, fuori dai casi preveduti nell’articolo precedente: 1) ha fatto spese personali o per la famiglia eccessive rispetto alla sua condizione economica; 2) ha consumato una notevole parte del suo patrimonio in operazioni di pura sorte o manifestamente imprudenti; 3) ha compiuto operazioni di grave imprudenza per ritardare il fallimento; 4) ha aggravato il proprio dissesto, astenendosi dal richiedere la dichiarazione del proprio fallimento o con altra grave colpa; 5) non ha soddisfatto le obbligazioni assunte in un precedente concordato preventivo o fallimentare.
La stessa pena si applica al fallito che, durante i tre anni antecedenti alla dichiarazione di fallimento ovvero dall’inizio dell’impresa, se questa ha avuto una minore durata, non ha tenuto i libri e le altre scritture contabili prescritti dalla legge o li ha tenuti in maniera irregolare o incompleta
“.

Pertanto, rispetto all’articolo 216 l. fall. è possibile definire il reato di cui all’art. 217 l. fall. bancarotta semplice.

Le varie ipotesi delittuose di cui agli articoli 216 e 217 l. fall. si distinguono per le diverse condotte e per i diversi stati psicologici necessari affinché si configurino le varie fattispecie. L’elemento costitutivo comune è la dichiarazione giudiziale di fallimento dell’imprenditore commerciale o della società che si rendono penalmente responsabili a causa delle loro condotte.

Espletate tali premesse, esula dalla trattazione la differenziazione tra le varie ipotesi delittuose e pertanto si concentrerà l’attenzione sull’elemento psicologico del reato di bancarotta fraudolenta documentale, analizzando il caso deciso dalla Corte di Cassazione con la sentenza indicata in epigrafe.

IL CASO

La Corte d’Appello di Ancona, nel confermare la sentenza di primo grado, condannava un imprenditore per il reato di bancarotta fraudolenta documentale, commesso in qualità di titolare di una ditta individuale. Sicché, in sede di ricorso per Cassazione, Tizio si lamentava eccependo il vizio di motivazione, con particolare riferimento alla ritenuta sussistenza degli elementi costitutivi del reato in addebito, posto che le circostanze di fatto dalle quali la Corte d’Appello di Ancona aveva desunto la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato (il ritiro da parte di Tizio dalla … della documentazione degli anni 2007-2008, la consegna della documentazione al curatore fallimentare, l’intervenuta redazione, da parte del curatore fallimentare, della relazione di propria competenza, in cui è stato possibile giungere alla quantificazione di un passivo), avrebbero dovuto essere valutate in favore dell’imputato, non in suo danno, come ha fatto il giudice di appello, ritenendoli sintomatici del dolo, dimostrando, piuttosto, la buona fede di Tizio, che, a tutto voler concedere, poteva essere ritenuto responsabile del meno grave reato di bancarotta documentale semplice, senza tacere, infine, che nessuna prova era stata fornita in ordine all’avvenuta falsificazione, distruzione od occultamento delle scritture contabili.

LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE

La Suprema Corte, con sentenza n. 2483/2021, le cui motivazioni si condividono in pieno, ha accolto il ricorso cassando con rinvio la sentenza della Corte d’Appello di Ancona.

Ed infatti, la Corte, nel provvedimento appena menzionato, incentra il suo ragionamento logico-giuridico sull’elemento soggettivo del reato in questione, ma prima ancora afferma che l’elemento oggettivo, del delitto in esame, per consolidato orientamento giurisprudenziale, consiste nella fisica sottrazione delle scritture contabili agli organi del fallimento, causata dalla sottrazione o dalla distruzione delle stesse ovvero dalla omessa tenuta, condotte tutte equivalenti ai fini della sussistenza della fattispecie in parola.

Mentre, con riferimento all’elemento soggettivo, la Corte ha affermato che, la stessa giurisprudenza di legittimità è saldamente attestata sul principio che la fisica sottrazione delle scritture contabili agli organi del fallimento integra gli estremi del reato di bancarotta qualora si accerti che scopo dell’omissione sia quello di recare pregiudizio all’interesse dei creditori ad una ricomposizione completa ed esaustiva delle scritture sociali attinenti a tutte le iniziative economiche del fallito (Cfr. Cass., Sez. V, 27 marzo 2013, n. 20999).

D’altro canto, la Corte riconosce che più recentemente, si è ulteriormente precisato che, in tema di bancarotta fraudolenta documentale, l’occultamento delle scritture contabili, per la cui sussistenza è necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, consistendo nella fisica sottrazione delle stesse alla disponibilità degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta, costituisce una forma di fattispecie autonoma ed alternativa, rispetto alla fraudolenta tenuta di tali scritture, in quanto quest’ultima integra un’ipotesi di reato a dolo generico, che presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi (cfr. Cass., n. 18634/2017; Cass., n. 26379/2019; Cass., n. 33114/2020). Per cui, si parlerà nel primo caso di bancarotta fraudolenta documentale specifica (in quanto caratterizzata dal dolo specifico) e nel secondo di bancarotta fraudolenta documentale generica (in quanto caratterizzata dal dolo generico).

Pertanto, la Corte conclude affermando che al riguardo deve osservarsi che gli elementi dai quali desumere l’esistenza del dolo specifico, nel delitto di bancarotta fraudolenta documentale specifica, non possono coincidere con la mera scomparsa dei libri contabili. Sicché, tali fatti rappresenterebbero giocoforza gli eventi fenomenici dal cui verificarsi dipende l’integrazione dell’elemento oggettivo del reato. In questi casi, dunque, circostanze di fatto ulteriori, in grado di illuminare la ratio dei menzionati eventi alla luce della finalità di procurare a sè o ad altri un ingiusto profitto ovvero di recare pregiudizio ai creditori, nel caso della bancarotta fraudolenta documentale specifica. Fra le suddette circostanze assume un rilievo fondamentale la condotta del fallito nel suo concreto rapporto con le vicende attinenti alla vita economica dell’impresa, il che è mancato nella decisione impugnata in cui i giudici della Corte d’Appello di Ancona si sono limitati a valorizzare una serie di elementi di fatto, sicuramente idonei a dimostrare l’avvenuta omessa consegna agli organi fallimentari in forma integrale della documentazione contabile della società fallita, ma non anche la finalità di recare pregiudizio ai creditori, la cui sussistenza è stata semplicemente affermata dalla Corte d’Appello, ma non provata, non essendo sufficiente al riguardo evidenziare il verificarsi dell’evento rappresentato dal mancato soddisfacimento delle pretese creditorie, che rappresenta un dato neutro rispetto alla premessa da dimostrare, potendo essere, in ipotesi, anche riconducibile ad una condotta meramente colposa.

Dr Maurizio Muto, Junior Trainee Lawyer – Studio Legale Associato Lacava Spina

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