Il bonifico bancario può configurare una liberalità indiretta e pertanto essere assoggettabile ad imposta di registro? Il caso n. 8175/2021 analizzato dalla Cassazione.

La cointestazione, con firma e disponibilità disgiunte, di una somma di denaro depositata presso un istituto di credito, è qualificabile come donazione indiretta qualora detta somma, all’atto della cointestazione, risulti essere appartenuta ad un solo dei cointestatari, rilevandosi che, in tal caso, con il mezzo del contratto di deposito bancario, si realizza l’arricchimento senza corrispettivo dell’altro cointestatario; a condizione, pero, che sia verificata l’esistenza dell’animus donandi consistente nell’accertamento che il proprietario del denaro non aveva, nel momento della cointestazione, altro scopo che quello della liberalità.

Questo il principio di diritto su cui si fonda la decisione della Suprema Corte di Cassazione nella sentenza n. 8175/2021 ma, prima di esporre i fatti che hanno portato gli Ermellini ad abbracciare tale soluzione interpretativa, è opportuno fare dei brevi cenni sull’istituto della donazione.

Ai sensi dell’articolo 769 c.c. la donazione è il contratto col quale, per spirito di liberalità, una parte arricchisce l’altra, disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa un’obbligazione.

Pertanto, analizzando il disposto normativo che precede si evincono chiaramente le caratteristiche principali di tale istituto ossia, la donazione rientra nel genus negozio giuridico, species contratto. Per cui con la donazione è possibile costituire, modificare o estinguere un rapporto giuridico patrimoniale. Ciò detto, altro dato essenziale che caratterizza tale contratto è lo spirito di liberalità da non confondere con la gratuità. Ed infatti, la liberalità consiste nel fatto che il donante, in virtù del cosiddetto animus donandi, arricchisce il donatario senza che vi sia un nesso di corrispettività poiché all’arricchimento di una parte segue l’impoverimento dell’altra, cosa che non accade nei negozi gratuiti si pensi ad esempio al mutuo senza interessi ovvero al mandato gratuito posto che, in entrambi i casi, da un lato vi è un soggetto che si arricchisce ma dall’altro lato non vi è un consequenziale depauperamento del patrimonio ovvero se vi fosse sarebbe solo temporaneo. Sic et simpliciter è donazione solo quell’atto che importa un arricchimento di un soggetto a fronte di un definitivo depauperamento patrimoniale di un altro soggetto. Ma quali sono i fattori che comportano un arricchimento? Il donante, animus donandi, deve o disporre di un diritto a favore del donatario o assumersi, verso lo stesso, un’obbligazione. Pertanto, in relazione al contenuto del contratto, la donazione può innanzitutto consistere nel trasferimento del diritto di proprietà o di altro diritto reale, nonché nella cessione di un diritto di credito (donazione traslativa). Possibile oggetto di donazione sono anche le quote sociali ed i titoli di credito: il loro trasferimento, per spirito di liberalità ed a titolo gratuito, costituendo donazione, deve essere effettuato in forma solenne, a pena di nullità, rendendosi peraltro necessaria anche l’adozione dei requisiti formali necessari per la circolazione delle quote stesse o dei titoli di credito (Capozzi, Successioni e donazioni.). Deve, inoltre, considerarsi donazione non solo la cessione a titolo gratuito e per spirito di liberalità dei propri diritti di successione (art. 477) ma anche la rinuncia fatta a favore di alcuni dei chiamati (art. 478): la chiara formulazione della norma, che attribuisce a tale atto il valore di accettazione tacita dell’eredità, induce a ritenere che si tratti di vera e propria donazione di quel complesso di beni che il donante ha ereditato (Bonilini, L’oggetto della donazione, in Tratt. Bonilini, VI, Milano, 2009, 447, 448). Nell’ambito della donazione traslativa va ulteriormente considerata tanto la donazione di universalità di mobili – la cui disciplina si ritiene applicabile anche al caso di azienda – quanto la donazione di prestazioni periodiche. Può aversi, altresì, donazione anche mediante la costituzione di un diritto reale minore (donazione costitutiva) (Carnevali). Si precisa, tuttavia, che debbono essere esclusi dal novero del possibile oggetto di donazione sia i diritti reali di garanzia (Torrente), sia il diritto di enfiteusi, per l’essenzialità dell’obbligo del pagamento del canone (Balbi). Sul punto si è frequentemente espressa anche la giurisprudenza, non solo affermando la possibile costituzione per donazione del diritto di usufrutto (C. 12045/2010), ma anche, in merito alla costituzione del diritto di superficie, ammettendone la sua costituzione, «senza testuale previsione di un corrispettivo a favore del concedente e con il solo intento di arricchire il beneficiario» (C. 2606/2001; C. 2912/1999; A. Roma 17.6.2008) e in relazione al diritto di servitù , affermando che può essere costituito «gratuitamente e senza indennità», e quindi «mediante donazione» (C. 2701/1970). Per espressa previsione legislativa, la donazione può anche consistere nell’assunzione di un’obbligazione a favore del donatario che diviene, di conseguenza, titolare di un diritto di credito avendosi pertanto una donazione obbligatoria (Bonilini, La donazione costitutiva di obbligazione, in Tratt. Bonilini, VI, Milano, 2009, 663). È, tuttavia, ampiamente discusso se debba necessariamente trattarsi di un’obbligazione di dare – in quanto gli obblighi di fare, pur potendo attribuire un vantaggio al beneficiario, non comporterebbero un correlativo depauperamento per colui che si obbliga (Azzariti, Le successioni e le donazioni, Napoli, 1990, 854), ovvero possa avere anche ad oggetto un facere: il rilievo raggiunto da tale tipo di prestazioni, rispetto a quelle più datate di dare, nonché la qualificazione della donazione quale contratto connotato dall’arricchimento e dalla spontaneità, inducono a ritenere corretto includere anche tali prestazioni tra il possibile oggetto della donazione obbligatoria (Barba). La giurisprudenza, nell’affermare l’ammissibilità della donazione obbligatoria, nella quale il donante assume la posizione di debitore del donatario (T. Bergamo 10.12.2002), ha altresì precisato come l’assunzione del debito altrui per spirito di liberalità, pur non costituendo donazione diretta, integri un atto di liberalità, come tale soggetto alle norme sulla revocazione e sulla riduzione in caso di lesione di legittima (C. 4618/1983). Configura una donazione diretta l’accollo interno, con il quale un padre assuma l’obbligo nei confronti della figlia di pagare le rate del mutuo bancario contratto dalla stessa, con la conseguente necessità della forma richiesta dall’art. 782 c.c., in mancanza della quale l’accordo potrà produrre unicamente gli effetti della soluti retentio (A. Venezia 26.7.2019). È viceversa esclusa la riconducibilità allo schema della donazione l’accordo mediante il quale una parte si impegna a tenere indenne l’altra da ogni pretesa fiscale: si tratta infatti di un patto che ha ad oggetto la ripartizione delle conseguenze economiche dell’eventuale accertamento fiscale (C. 4589/2020). In conclusione sul punto, è lecito chiedersi se è possibile rinunciare ad un diritto contrattualmente, se cioè sia da considerarsi donazione l’accordo con il quale un soggetto rinunzia a favore di altro soggetto ad un proprio diritto patrimoniale già acquistato (donazione liberatoria). Il rilievo che, anche rinunziando ad un diritto per spirito di liberalità, si attuano correlativamente un arricchimento ed un depauperamento dei rispettivi patrimoni induce a ritenere che si tratti di vera e propria donazione, come tale assoggettata all’onere della forma solenne. La giurisprudenza, dal suo canto, ha esteso il regime impositivo dettato per la donazione all’atto di rinuncia di un diritto di usufrutto su un immobile (Comm. Trib. II g. Ravenna 28.3.1991), ma, nel contempo, ha ricostruito quale donazione indiretta la rinuncia al diritto di usufrutto, sorretta dall’animus donandi (C. 13117/1997). Recentemente, peraltro, si è richiamata la regola per cui la rinuncia al diritto di usufrutto, comportando il consolidamento con la nuda proprietà quale effetto ex lege, non può considerarsi donazione, come tale soggetta agli oneri formali di cui all’art. 782 c.c. (C. 482/2013). Pertanto, si possono avere diverse donazioni ossia costitutive, obbligatorie e liberatorie.

Espletate tali premesse, il caso analizzato dalla Suprema Corte di Cassazione nella sentenza indicata in epigrafe si basava sul fatto che un soggetto, avendo ricevuto un bonifico bancario da un altro soggetto (i due erano legati da un contratto di unione domestica, regolarmente formalizzato in Svizzera), riceveva un avviso di liquidazione da parte dell’Agenzia dell’Entrate, con conseguente sanzione prevista dalla legge in materia di imposta di registro, per aver omesso di versare l’importo dell’imposta di registro poiché, secondo l’Ente impositore, tale bonifico rappresenterebbe essere una donazione pertanto soggetta ai relativi oneri fiscali.

Tale avviso veniva impugnato dal contribuente e la Commissione Tributaria Provinciale rigettò le sue pretese sicché, la pronuncia veniva appellata davanti alla Commissione Tributaria Regionale la quale accoglieva parzialmente il gravame, qualificando la dazione di denaro tra persone legate da unione omoaffettiva riconosciuta in un ordinamento straniero (alla luce della giurisprudenza CEDU e nazionale) come donazione tra “familiari” o “parenti”, con applicazione dell’aliquota del 6%. Pertanto, il contribuente proponeva ricorso per la cassazione della pronuncia svolgendo due motivi.

Con il primo motivo si denunciava violazione e falsa applicazione dell’art. 2 d.lgs. n. 346 del 1990 in relazione agli artt. 56 e 57 legge 218 del 1995, in ragione dell’errata applicazione della legislazione italiana in materia di imposta di donazione ad un rapporto negoziale extraterritoriale. Il ricorrente censurava l’affermazione della Commissione Tributaria Regionale che, aderendo alla tesi interpretativa dell’Agenzia delle Entrate, ha ritenuto esistente in Italia il denaro depositato su conto estero, trasferito mediante bonifico su conto italiano ad un residente italiano, sul presupposto che l’obbligazione della donazione si sia perfezionata in Italia. Con il secondo motivo si denunciava violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma 49, lettera a) e lettera b) del d.l. 262/2006 convertito con modificazioni nella 1. n. 286/2006, per errata qualificazione giuridica dello status del ricorrente quale “parente” entro il quarto grado, legato invece da unione domestica di diritto svizzero con il donante, equiparabile ai fini fiscali con lo status di “coniuge” ai sensi e per gli effetti dell’art. 2, comma 49, lettera a) d.l. 262/2006. La Suprema Corte accolse il ricorso sulla base del primo motivo, il quale presentava uno stretto collegamento con il secondo. Ed infatti, gli Ermellini prima di entrare in medias res cercarono di qualificare la vicenda giuridica de qua ed affermarono che: “La vicenda processuale riguarda una fattispecie attributiva triangolare a mezzo di istituto bancario compiuta a titolo di liberalità: più precisamente concerne il trasferimento di denaro (euro 75.000,00), depositato su conto bancario, eseguito in favore di un terzo in virtù di un ordine di bonifico impartito alla banca dal titolare del conto. L’ordine di bonifico ha natura di negozio giuridico unilaterale, la cui efficacia vincolante scaturisce da una precedente dichiarazione di volontà con la quale la banca si è obbligata ad eseguire i futuri incarichi ad essa conferiti dal cliente, ed il cui perfezionamento è circoscritto alla banca e all’ordinante, con conseguente estraneità del beneficiario, nei cui confronti, pertanto, l’incarico del correntista di effettuare il pagamento assume natura di delegazione di pagamento. Attraverso l’atto di delegazione si realizza il fine di liberalità, producendo l’effetto, eccedente rispetto al mezzo, di una attribuzione gratuita. Infatti, l’accreditamento nel conto del beneficiario si presenta come il frutto di un’operazione eseguita da un soggetto diverso dall’autore della liberalità sulla base di un rapporto di mandato tra donante e banca, obbligata in forza di siffatto rapporto ad effettuare la prestazione in favore del beneficiario“.

Nel caso in esame, non appare dubitale la rilevanza tanto del dato soggettivo rappresentato dall’intenzione del donante, condivisa dal donatario, di provocare un incremento del patrimonio del soggetto beneficiario, con depauperamento del patrimonio del soggetto disponente, attuato mediante l’ordine bancario, quanto del dato oggettivo, rappresentato dall’effettività del trasferimento di ricchezza sul conto riferibile al contribuente. Risulta all’evidenza un arricchimento senza corrispettivo, che si rinviene anche nelle donazioni indirette, come quella in esame, liberalità atipiche risultanti da atti diversi dal contratto tipico di donazione (art. 769 c.c.) ma in grado di attuare, sia pure in via mediata, effetti economici equivalenti a quelli prodotti da detto contratto.

Ciò detto, premesso che la donazione è stata fatta da un soggetto che si trovava in Svizzera a favore di un soggetto che si trovava in Italia, trattandosi di un’operazione negoziale transfrontaliera, va individuata la disciplina applicabile, secondo le norme di diritto internazionale privato e convenzioni internazionali. Il Capo IX della 1. 218 del 1995 contiene una sola disposizione in tema di donazioni in cui si prevede innanzitutto il criterio di collegamento della nazionalità del donante, introducendo inoltre la possibilità di scelta di legge del donante. La regolamentazione in esame è poi completata dalla disposizione dell’art. 56, comma 3, rivolto a regolare la validità formale della donazione, tramite il richiamo normativo di due leggi competenti: la legge del luogo dell’atto e la legge nazionale o di residenza se il donante ha scelto di sottoporre a questa disciplina la sostanza della donazione. Nell’ambito dei rapporti transfrontalieri, la scelta della legge operata dalle parti ha l’effetto di determinare la disapplicazione integrale del diritto nazionale applicabile in mancanza di scelta, ivi comprese le norme imperative di tale ordinamento e di assoggettare il rapporto al diritto prescelto. Nella specie il ricorrente aveva precisato di non avere in alcun modo provveduto alla scelta della legge applicabile. In mancanza di una scelta operata dalle parti, l’art. 4 del Regolamento Roma I pone una regola generale che trova applicazione per tutte le obbligazioni, eccetto quelle per le quali il Regolamento stesso prevede una regola speciale. Secondo l’indirizzo della dottrina prevalente, la Convenzione di Roma ed il Regolamento Roma I regolano tutte le ipotesi in cui le donazioni non derivano da atti unilaterali ma da manifestazione bilaterali di volontà, aventi come effetti l’arricchimento di una parte e il corrispondente impoverimento dell’altra per spirito di liberalità, e comunque in assenza di corrispettivo. Vi rientrano dunque non solo gli atti di liberalità disposti mediante contratto, secondo quanto prevedono gli orientamenti dei Paesi di Civil Law che aderiscono al diritto uniforme, ma anche i corrispondenti atti a titolo gratuito (gifts) del diritto inglese. Alla luce di tali considerazioni, è pertanto sicura la sottoposizione alla Convenzione di Roma e al Regolamento Roma I delle donazioni indirette (ad es. acquisto con denaro altrui), della donazione modale, del negotium mixtum donatione, sicché le donazioni di natura non contrattuale non rientrano nell’ambito di applicazione convenzionale e devono essere disciplinate in base ad altre disposizioni di diritto internazionale privato.

Nell’individuazione delle donazioni non sottoposte alle Convenzioni, ai fini del coordinamento con la regolamentazione stabilita dall’art. 56, si pone la necessità di valutare l’incidenza della disposizione dell’art. 57 della 1. n. 218 cit., che estende l’applicazione del diritto uniforme “in ogni caso”. Tuttavia, nella qualificazione delle donazioni, per le quali appare opportuno individuare una disciplina alternativa, in quanto sottratte all’operatività della Convenzione di Roma ed al Regolamento Roma I, vengono innanzitutto in rilievo le donazioni effettuate nell’ambito familiare. Nella fattispecie in esame la precisazione è importante, tenuto conto che l’atto di donazione è stato posto in essere da un donante legato con il beneficiario da una “unione domestica” regolarmente formalizzata in Svizzera, ove i due erano in precedenza entrambi residenti, e disciplinata ai sensi della Legge Federale sull’Unione Domestica di coppie omosessuali (LUD) del 18 agosto 2004. Le donazioni riconducibili alle fattispecie di cui all’art. 1, 2° par. si sottraggono alla disciplina convenzionale, e cioè quelle relative a : “testamenti e successioni, regimi matrimoniali, diritti e doveri derivanti dai rapporti di famiglia, di matrimonio o di affinità, compresi gli obblighi alimentari a favore dei figli naturali” (art. 1,2 par. lett. b) Conv. Roma 19.6.1980).
Analoghe conclusioni devono essere tratte in merito al coordinamento tra l’art. 56 e il Regolamento (CE) 593/2008 del Parlamento e del Consiglio del 17.6.2008 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma I), in quanto quest’ultimo ha sostituito
la Convenzione di Roma (17.12.2009), che ribadisce l’esclusione delle obbligazioni derivanti da rapporti di famiglia o dai rapporti che secondo la legge applicabile a tali rapporti hanno effetti comparabili comprese le obbligazioni alimentari (art. 1; par. 2 lett.b). Le donazioni contrattuali non escluse dal campo di applicazione della convenzione, come quella in esame (non rientrante nel rapporto di “coniugio”), risultano, pertanto, disciplinate dalla normativa uniforme (Regolamento Roma I) che, in ragione del suo carattere di specialità, prevale sulle norme italiane comuni di diritto internazionale privato e, dunque, anche sull’art. 56.

Per la risoluzione della questione è di ausilio la lettura dell’art. 55 del T.U.S.
L’art. 55 del T.U.S. detta le regole della registrazione degli atti di donazione, stabilendo al comma 1 che gli stessi devono essere assoggettati alla registrazione secondo le regole dettate dal decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131 (T.U.R.) per gli atti da registrare in termine fisso.
In particolare, gli atti soggetti a registrazione, ai fini dell’imposta di registro, sono individuati dall’articolo 2 del T.U.R. secondo cui: “Sono soggetti a registrazione….a)gli atti indicati nella tariffa, se formati per iscritto nel territorio dello Stato; …d) gli atti formati all’estero…che comportano trasferimento della proprietà ovvero costituzione o trasferimento di altri diritti reali, anche di garanzia, su beni immobili o azienda esistenti nel territorio dello Stato”.
In applicazione di tale disposizione rilevano, dunque, ai fini dell’imposta di registro e, conseguentemente, ai fini dell’applicazione dell’imposta sulle donazioni, solo gli atti formati all’estero che hanno ad oggetto beni immobili o aziende esistenti sul territorio dello Stato.

Al fine di evitare che atti formati all’estero, aventi ad oggetto beni diversi dagli immobili e dalle aziende, eludessero l’obbligo di registrazione ai fini dell’imposta sulle donazioni con l’articolo 69, comma 1, lettera n), della legge 21 novembre 2000, n. 342, è stato inserito, dopo il comma 1 dell’art. 55 del T.U.S., il comma 1- bis.
Tale disposizione stabilisce che, ai fini dell’imposta sulle donazioni: “Sono soggetti a registrazione in termine fisso anche gli atti aventi ad oggetto donazioni, dirette o indirette, formati all’estero nei confronti di beneficiati residenti nello Stato”.

Pertanto, alla luce del criterio di territorialità, come si è detto, se il donante non è residente in Italia al momento della donazione, l’imposta è dovuta solamente per i beni e “diritti esistenti” sul territorio nazionale. Da siffatti rilievi, per stabilire se un atto di donazione con bonifico da parte di un donante residente all’estero sia da assoggettare a tassazione in Italia, occorre esaminare se il bene oggetto di donazione possa essere considerato quale bene “esistente “nel territorio dello Stato. Nella specie, non è contestato che il denaro oggetto di donazione non era presente nel territorio nazionale al momento dell’atto di liberalità ma era depositato sul conto corrente del donante residente in Svizzera.

Sulla base di tali argomentazioni, la Corte di Cassazione accolse il ricorso e cassò la sentenza impugnata.

Dr Maurizio Muto – Junior Trainee Lawyer – Studio Legale Associato Lacava – Spina




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